Un nostro lettore ci ha scritto chiedendoci se, una nave (di qualsiasi bandiera) in sosta presso un porto o un cantiere che non svolga attività operativa (imbarco/sbarco merce) abbia diritto a imbarcare provviste di bordo necessarie all’equipaggio, in esenzione Iva, secondo quanto previsto dall’art.253-254 del T.U.L.D. con emissione di bolletta di esportazione. Il nostro lettore ha tra l’altro anche chiesto se le stesse provviste possono essere imbarcate con una diversa procedura e, se sì, a quali condizioni.
L’articolo 252 del TULD prevede che “ Agli effetti doganali costituiscono provviste di bordo delle navi e degli aeromobili i generi di consumo di ogni specie occorrenti a bordo…” e in particolare, alla lettera a) individua quella specifica tipologia di provviste, tra cui annoverare anche i generi alimentari, atta ad assicurare “ il soddisfacimento delle normali esigenze di consumo delle persone componenti l’equipaggio e dei passeggeri…….” .
All’articolo 254 si dispone che: “i generi costituenti provviste di bordo imbarcati o trasbordate sulle navi in partenza dai porti dello stato si considerano usciti …..in esportazione definitiva se nazionali o nazionalizzate”. Il sopra citato articolo individua pertanto nell’elemento della partenza (navi in partenza dai porti dello Stato”) il requisito essenziale che attribuisce ai destinatari il diritto all’esenzione dal pagamento dei diritti doganali per le provviste di bordo.
Ci si chiede se il concetto di “partenza” debba essere inteso come evento “imminente” o se in esso siano da ricomprendervi anche i casi in cui la nave, prima di partire, sosti all’interno del porto per un certo periodo di tempo.
A tale quesito ha dato in parte risposta la suprema Corte di Cassazione, cass.civ. Sez. 5, con la sentenza n. 12613 del 26/05/2006, la quale ha sancito che “ai fini del godimento della esenzione dai diritti doganali per le provviste di bordo imbarcate o trasbordate su navi in partenza dai porti dello stato, non occorre, a meno che si tratti di d’imbarcazioni da diporto, l’effettiva partenza della nave, ma, è sufficiente “l’immanenza della partenza”.
Si deve comunque tener conto che la S.C. ha elaborato il principio di cui sopra nell’ipotesi che un evento successivo impedisca la partenza della nave e tale evento sia indipendente dalla volontà del beneficiario.
Quindi, sulla base di quanto statuito dal supremo organo legale, l’esenzione fiscale non è applicabile laddove la mancata partenza non sia dovuta a un impedimento concreto o dipenda da un fatto proprio del destinatario della sopra citata esenzione.
Nella fattispecie sopra descritta, non rileva la nazionalità della nave; pertanto si deve ritenere che, una volta rispettato il requisito della “ partenza” (tenuto conto dell’elaborazione del principio espresso dalla Suprema Corte) il beneficio spetti indipendentemente dalla propria nazionalità , fatta eccezione, come detto in precedenza, per le navi da diporto e militari.
L’articolo 253 del TULD, al secondo comma stabilisce che “sono escluse dalle predette agevolazioni le provviste consumate:
- a) sulle navi italiane militari e da diporto durante l’intero periodo di sosta;
- b) sulle navi italiane non comprese nella lettera a), nel periodo in cui si trovino in disarmo ovvero nel periodo eccedente le quarantotto ore durante il quale si trovino in bacini, officine o cantieri per riparazioni o siano ferme per motivi non attinenti alla normale attività di trasporto”.
La lettera a) detta una disciplina stringente in quanto esclude dall’applicazione dell’agevolazione fiscale durante l’intero periodo della sosta, le navi militari e da diporto italiane. Pertanto le provviste ivi consumate in tal periodo non potranno essere beneficiarie di esenzione dal pagamento dei diritti doganali.
La lettera b), fa riferimento alle navi mercantili, ed esclude l’applicazione del beneficio fiscale nell’ipotesi in cui le stesse versino nella specifica condizione di disarmo.
Inoltre, la stessa norma attribuisce il diritto all’esenzione nelle ipotesi in cui le navi si trovino “in bacini, officine o cantieri per riparazioni o siano ferme per motivi non attinenti alla normale attività di trasporto”, per un periodo non eccedente le 48 ore.
E’ opinione di chi scrive che la norma in questione non obblighi ai fini dell’esenzione dei diritti doganali la nave a salpare entro le 48 ore, come in alcuni casi è stata interpretata; ma semplicemente che, qualora si trovi in una delle condizioni elencate dal sopra richiamato dettato legislativo, il beneficio del consumo delle provviste imbarcate in esenzione di imposta non possa superare le 48 ore.
Qualora ciò si verifichi, l’operatore deve scegliere: o non consumare tali provviste o, qualora lo faccia, assolvere la relativa imposta.
Per esempio, se un nave italiana deve entrare in un cantiere per un intervento di riparazione che ecceda le 48 ore, il beneficio del consumo in esenzione si dovrà sospendere.
Ma nel caso in cui la nave, a seguito della riparazione, rientri nel porto per riprendere la navigazione, si ritiene che il beneficio possa essere ripristinato, quand’anche la partenza sia prevista in un periodo di tempo successivo.
Sia dalla lettera della norma, sia da un punto di vista logico, le predette limitazioni non operano nei confronti delle navi straniere, le quali, essendo ammesse al regime di temporanea importazione per la durata del contratto di trasporto (articolo 562, lettera b) delle DAC) e rimanendo pertanto allo stato estero, possono beneficiare dell’esenzione, a condizione che le merci ivi imbarcate siano dichiarate per l’esportazione, con la presentazione dell’ apposita dichiarazione doganale alla autorità doganale competente. Se per qualsiasi ragione il periodo di ammissione temporanea debba essere esteso (riparazione o altro impedimento), questo avviene previa autorizzazione dell’Autorità doganale, con la nave che rimane allo “stato estero”, e quindi non viene meno la possibilità che le provviste di bordo siano imbarcate in esenzione.
Si ritiene invece che, nel caso trovi applicazione l’articolo 253 secondo comma del Tuld, che sancisce il divieto di consumare merci già a bordo in esenzione d’imposta, logica conseguenza sia quella di non poter imbarcare provviste di bordo in esenzione ai sensi della normativa doganale (fatto salvo l’operare autonomo dell’articolo 8-bis, lettera d) del D.P.R. 633/72 in materia d’imposta sul valore aggiunto. Vedasi più avanti).
Con riferimento alla procedura doganale da seguire, si ritiene che la questione sia stata chiarita dal punto 18 dell’articolo 1 del Regolamento 430/2010 modificativo dell’articolo 786 delle DAC. Infatti tale articolo dispone: “Le formalità concernenti la dichiarazione di esportazione previste nel presente capitolo sono inoltre utilizzate …… per le merci comunitarie destinate all’approvvigionamento esente da imposta di navi e di aeromobili, indipendentemente dalla destinazione dell’aeromobile o della nave.”. Quindi, alla luce della nuova normativa, l’imbarco delle provviste di bordo di cui all’articolo 254 del TULD deve essere vincolato a dichiarazione doganale d’esportazione.
L’Agenzia delle Dogane, con Circolare n. 18/D del 29 dicembre 2010, in linea con le modifiche alle DAC, ha chiarito che l’imbarco delle provviste di bordo debba essere effettuato presentando una dichiarazione doganale di esportazione, nelle forme della procedura ordinaria o di quella domiciliata. La medesima circolare fa anche salva, a determinate condizioni elencate in modo dettagliato nella stessa, la procedura nazionale correntemente in uso del “memorandum d’imbarco” e, in alcuni casi particolari, quella dell’iscrizione nei registri di carico e scarico.
Si ritiene dunque, che a decorrere del 1° gennaio 2011, data d’entrata in vigore del Regolamento 430/2010, l’imbarco delle provviste e delle dotazioni di bordo debba avvenire attraverso una delle tre modalità sopra citate:
- dichiarazione d’esportazione in procedura ordinaria;
- dichiarazione d’esportazione in procedura domiciliata;
- procedura speciale del “memorandum d’imbarco”, al verificarsi di tutte le condizioni indicate nella circolare 18/D;
Trattasi, come già specificato in precedenza, di operazioni di esportazione a tutti gli effetti e pertanto l’esenzione IVA avverrà ai sensi dell’articolo 8, lettera a) del D.P.R. n. 633/72.
L’articolo 8-bis, lettera d) del D.P.R. 633/1972 stabilisce che le forniture destinate al rifornimento e vettovagliamento, comprese le somministrazioni di alimenti e di bevande a bordo relative alle navi adibite alla navigazione in alto mare e destinate all’esercizio di attività commerciali o della pesca nonché le cessioni di navi adibite alla pesca costiera o ad operazioni di salvataggio o di assistenza in mare, ovvero alla demolizione, escluse le unità da diporto di cui alla legge 11 febbraio 1971, n. 50 sono assimilate alle cessioni all’esportazione e, quindi, non sono imponibili IVA.
In tal caso, si tratta di una cessione interna per la cui regolarità,, è sufficiente che sia emessa fattura ex articolo 8-bis D.P.R. 633/72, a condizione che siano soddisfatti tutti i requisiti che la norma richiede (si veda la Risoluzione del Min. Fin. – dipartimento Entrate n. 85 del 22/07/1998).
Inoltre, nella Risoluzione n. 41654 del 04.09.1987 del Min. Fin – Tasse e Imposte Indirette sugli Affari viene operata una distinzione tra i beni che per loro natura sono normalmente destinati a fungere da provviste o dotazioni di bordo e i beni che possono essere destinati anche ad altro uso.
Tanto premesso, nella stessa risoluzione si stabilisce che per i beni che sono da considerarsi destinati a provviste e dotazioni di bordo, si può prescindere dal “visto imbarcare” apposto sulle fatture dall’Ufficio doganale competente o dalla GdF.
Quindi, riepilogando, l’operatore economico deve anzitutto verificare se persistono le condizioni per presentare una dichiarazione doganale d’esportazione; in tal caso, ai fini dell’esenzione IVA, opera l’articolo 8, lettera a) del D.P.R. 633/1972.
Una volta stabilito che l’operazione di cui trattasi non può essere considerata un’esportazione, potrebbe comunque essere esentata ai fini IVA ai sensi dell’articolo 8-bis, nelle seguenti ipotesi:
- sulla base della semplice fattura emessa ai sensi appunto dell’articolo 8-bis nel caso di “beni normalmente destinate a fungere quali provviste o dotazioni di bordo”;
- , da fattura emessa sempre ai sensi dell’articolo 8-bis, ma corredata del “visto imbarcare” apposto dall’Ufficio delle Dogane o dalla GdF, nel caso di beni che potrebbero essere anche destinati ad altri usi;
Nel presente articolo non abbiamo trattato le operazioni di bunkeraggio. Queste ultime sono assoggettate alla disciplina doganale e presentano ulteriori elementi di criticità, legati alla necessità di coordinare la normativa prevista dal TULD con quella di cui al D.lgs. 504/95 e al D.M. n. 577 del 16.11.1995 relative ai prodotti soggetti ad accisa.
Buona sera,
complimenti x il sito.. Vlevo chiedere,
quindi in merito all’articolo sopracitato sulle provviste e dotazioni di bordo, dobbiamo continuare normalmente a fare le dichiarazioni doganali?
Anche alla luce dell’art 269 del nuovo codice comunitario?
Grazie
Francesco
A nostro parere il codice doganale, con l’articolo 269, più che cambiare le formalità doganali relative alle provviste e dotazioni di bordo, chiarisce i dubbi sul regime IVA da applicarsi a tali beni. Infatti, l’articolo in questione al punto 2, lettera c), statuisce che il regime delle esportazioni di cui al punto 1) non trova applicazione alle “merci fornite, esenti da IVA o da accise, come approvvigionamento di aeromobili o navi, indipendentemente dalla destinazione dell’aeromobile o della nave”. Ne segue che non trova applicazione ai fini IVA l’art. 8 del D.P.R. 633/72, per il quale è rilevante la destinazione dei beni (trasporto o spedizione dei beni fuori dell’Unione), ma l’art. 8-bis per il quale la destinazione è del tutto irrilevante. Ma lo stesso articolo aggiunge, proprio perché la destinazione è irrilevante, che “è necessaria una prova di tale approvvigionamento”. Il punto 3) dello stesso articolo stabilisce “le formalità concernenti la dichiarazione in dogana all’esportazione di cui alla normativa doganale si applicano ai casi di cui al paragrafo 2, lettere a), b) e c”. Quindi,si ritiene, al fine di “provare l’approvvigionamento” e in attesa di un auspicabile chiarimento da parte dell’Agenzia delle Dogane, che una dichiarazione doganale di esportazione relativa ai beni imbarcati vada fatta e presentata in Dogana.
Grazie per la risposta.
Sono d’accordo con Lei.
Di nuovo complimenti per il sito.
Purpura Francesco
Doganalista
Augusta(SR)