Provviste di bordo

Un nostro lettore ci ha scritto chiedendoci se, una nave (di qualsiasi bandiera) in sosta presso un porto o un cantiere che non svolga attività operativa (imbarco/sbarco merce) abbia diritto a imbarcare provviste di bordo  necessarie all’equipaggio, in esenzione Iva, secondo quanto previsto dall’art.253-254 del T.U.L.D. con emissione di bolletta di esportazione. Il nostro lettore ha tra l’altro anche chiesto se le stesse provviste possono essere imbarcate con una diversa procedura e, se sì, a quali condizioni.

L’articolo 252 del TULD prevede che “ Agli effetti doganali costituiscono provviste di bordo delle navi e degli aeromobili i generi di consumo di ogni specie occorrenti a bordo…” e in particolare, alla lettera a) individua quella specifica tipologia di provviste, tra cui annoverare anche i generi alimentari, atta ad assicurare “ il soddisfacimento delle normali esigenze di consumo delle persone  componenti l’equipaggio e dei passeggeri…….” .

All’articolo 254 si dispone che:  “i generi costituenti provviste di bordo imbarcati o trasbordate sulle navi in partenza dai porti dello stato si considerano usciti …..in esportazione definitiva se nazionali o nazionalizzate”. Il sopra citato articolo individua pertanto nell’elemento della partenza  (navi in partenza dai porti dello Stato”) il requisito essenziale che attribuisce ai destinatari  il diritto all’esenzione dal pagamento dei diritti doganali per le provviste di bordo. Continua a leggere Provviste di bordo

Regolamenti di classificazione relativi alle seguenti merci: server multimediali, cartucce videogiochi, SUV e “T” d’acciaio

Con i Regolamenti di esecuzione n. 20, 21, 22, 23 del 5 gennaio 2015, la Commissione europea ha provveduto alla classificazione di alcune merci della nomenclatura combinata. Le merci descritte nella colonna 1) devono essere classificate alla voce doganale nella colonna 2). Nella colonna 3) è data la motivazione per cui si ritiene che tali merci debbano essere classificate nella voce doganale proposta.  Con riferimento alle cartucce per videogiochi e ai “T” d’acciaio è anche fornita, a titolo di esempio, un’immagine del prodotto.  I pareri di classifica riguardano i prodotti di cui alle voci doganali: 8525 60 00, 9504 50 00, 8703 32 90 7307 93 19. 

Olio d’oliva: Classificazione doganale, origine e tutela

Il primo articolo di approfondimento del 2015 è un interessante lavoro del dott. Luigi Garruto sull’olio d’oliva e le connesse problematiche doganali. In particolare il dott. Garruto prende in dettagliata considerazione gli aspetti relativi alla classificazione e all’origine dell’olio d’oliva ai fini della tutela del prodotto di origine italiano. Buona lettura e ancora una volta auguri di uno splendido anno nuovo!

Esportazioni indirette: il trascorrere dei 90 giorni non implica più l’assoggettamento a IVA

Le esportazioni indirette (anche dette improprie) sono quelle di cui all’articolo 8, lettera b) del D.P.R. 633/72, vale a dire le cessioni con trasporto o spedizione fuori del territorio comunitario a cura del cessionario non residente. Lo stesso articolo stabilisce che tali cessioni non sono imponibili a condizione che lascino il territorio comunitario entro 90 giorni dalla consegna al cessionario. Qualora i beni ceduti non escano dalla Comunità entro il periodo stabilito, il cedente deve, ai sensi dell’art. 7 c. 1) del D.L. 18 dicembre 1997, n. 471, regolarizzare l’operazione nei trenta giorni successivi, se non vuole incorrere nella sanzione stabilita dallo stesso articolo (50% del tributo). Insomma, il periodo dei 90 giorni si pone come limite oltre il quale il beneficio della non imponibilità non viene riconosciuto.

La Corte di Giustizia Europea è stata chiamata a pronunciarsi in via pregiudiziale da un tribunale ungherese proprio sulla questione della compatibilità dell’apposizione di un  termine ai fini del riconoscimento della non imponibilità IVA con il diritto Comunitario (anche la legislazione ungherese – molto simile a quella italiana – prevede un periodo di 90 giorni). La Corte ha riconosciuto, con sentenza C-563/12 emessa il 19 dicembre 2013, da un lato, che in via di principio è “consentito agli Stati membri stabilire un termine ragionevole per le esportazioni, che tenga conto delle pratiche commerciali nell’ambito delle esportazioni negli Stati terzi, al fine di verificare se un bene oggetto di una cessione all’esportazione sia effettivamente uscito dall’Unione” e, a tal fine, “imporre al venditore di un bene destinato all’esportazione un termine preciso entro il quale tale bene deve aver lasciato il territorio doganale dell’Unione costituisce un mezzo appropriato”, sopratutto allo scopo di contrastare fenomeni di evasione o di elusione. D’altro canto la Corte ha posto un criterio di giustizia sostanziale nell’affermare che il termine di uscita della merce non può essere considerato “un termine di decadenza materiale”, a cui “non può essere posto rimedio” che comporti, “qualora un bene destinato all’esportazione non lasci il territorio doganale dell’Unione entro il termine prescritto”, che la “cessione di tale bene sia assoggettata all’imposta in via definitiva, anche se detto bene è effettivamente uscito dall’Unione dopo lo scadere del termine previsto”. In tal caso la Corte ha rilevato “che una normativa nazionale che assoggetta l’esenzione all’esportazione a un termine di uscita, con l’obiettivo, in particolare, di lottare contro l’elusione e l’evasione fiscale, senza per questo consentire al soggetto passivo di dimostrare, al fine di beneficiare di tale esenzione, che la condizione di uscita è stata soddisfatta dopo lo scadere di tale termine, e senza prevedere un diritto del soggetto passivo al rimborso dell’IVA già corrisposta in ragione del non rispetto del termine, qualora fornisca la prova che la merce ha lasciato il territorio doganale dell’Unione, eccede quanto necessario per il conseguimento di detto obiettivo”. Ne consegue che se l’operatore economico può dimostrare che i beni siano effettivamente usciti dal territorio comunitario nessuna IVA è dovuta e se l’avesse già pagata ha diritto a recuperarla.

L’agenzia delle Entrate, con la circolare 98/E del 10 Novembre 2014, ha dato nuove istruzioni in materia, allineandosi a quanto stabilito nella sentenza della Corte di Giustizia Europea e riconoscendo la possibilità che si possa emettere fattura non imponibile IVA anche trascorsi i 90 giorni previsti dalla normativa nazionale, a condizione che l’operatore economico, cui compete l’onere della prova, dimostri che i beni oggetto di fatturazione abbiano effettivamente lasciato il territorio dell’Unione. In tal caso, all’operatore economico, che avesse regolarizzato l’operazione nei 30 giorni successivi allo scadere del termine (art. 7 c. 1 D.L.vo 471/97) versando l’IVA dovuta, deve esserne consentito il recupero. L’agenzia delle  Entrate informa che il contribuente, a sua scelta, può: o emettere una nota di variazione ai sensi dell’art. 26, 2 c.) del D.P.R. 633/72, entro il termine per la presentazione della dichiarazione annuale relativa al secondo anno a quello in cui è avvenuta l’esportazione; o chiedere il rimborso ai sensi dell’art. 21 del D.L.vo n. 546 del 1992, entro il termine di due anni dal versamento. Ovviamente nel caso  che la prova dell’avvenuta esportazione si abbia dopo i 90 giorni, ma prima dello scadere dei 30 giorni di cui all’art. 7 c. 1) D.L.vo 471/97), il contribuente non deve fare assolutamente nulla e non incorrerà più in alcuna sanzione.

LETTERA D’INTENTO: dal 2015 la trasmissione telematica sarà a cura dell’esportatore abituale

Lo schema di decreto legislativo in materia di semplificazioni fiscali contiene importanti innovazioni sull’acquisto di beni e servizi in regime di non imponibilità IVA. Infatti,  l’articolo 20 del decreto, nell’abolire l’obbligo di comunicazione, da parte del fornitore,  dei dati delle dichiarazioni d’intento ricevute dall’esportatore abituale, impone a quest’ultimo, e prima che l’operazione sia stata posta in essere, di trasmettere direttamente all’Agenzia delle Entrate, sempre per via telematica, i dati relativi alla dichiarazione d’intento. L’Agenzia delle Entrate rilascia apposita ricevuta telematica e, quest’ultima unitamente alla dichiarazione, dovrà essere consegnata al fornitore di beni o al prestatore di servizi, oppure presentata in Dogana. In realtà, la presentazione in Dogana  dovrebbe essere limitata nel tempo. La norma impone all’agenzia delle Entrate di consentire all’agenzia delle Dogane di accedere alla banca dati relativa alle dichiarazioni d’intento al fine di “dispensare dalla consegna in dogana della copia cartacea delle predette dichiarazioni e delle ricevute di presentazione”.  Si dovrà, probabilmente, indicare nella dichiarazione doganale il numero della ricevuta rilasciata dall’Agenzia delle Entrate al fine di consentire alle dogane di effettuare i necessari riscontri per il tramite della banca dati delle dichiarazioni d’intento.

Il fornitore di beni o prestatore di servizi deve riepilogare nella propria dichiarazione annuale IVA (a partire dalla dichiarazione 2016)  i dati delle operazioni effettuate in regime di non imponibilità nei confronti dei singoli esportatori abituali. Inoltre, questi operatori devono far molta attenzione a non emettere fattura non imponibile prima di aver ricevuto la dichiarazione d’intento e riscontrato telematicamente la sua presentazione all’Agenzia dell’Entrate. Il decreto, infatti, nel riscrivere completamente l’articolo 4-bis del decreto legislativo 18 dicembre 1997 n. 471, stabilisce che “il cedente o prestatore che effettua cessioni o prestazioni prima di aver ricevuto da parte del cessionario o committente la dichiarazione di intento e riscontrato telematicamente l’avvenuta presentazione all’Agenzia delle Entrate ”   è sanzionato ai sensi dell’articolo 3 del decreto 471/97 con una sanzione che va dal 100% al 200% dell’imposta.

Ai sensi dell’ultimo comma dell’articolo 20 dello schema di decreto, tali innovazioni si applicano alle dichiarazioni d’intento relative a operazioni senza applicazione d’imposta da effettuarsi a decorrere dal 1° gennaio 2015. Se ci si attiene a una interpretazione letterale della norma dovrebbero rientrarvi anche le dichiarazioni d’intento rilasciate a fine 2014 ma relative a operazioni che si effettueranno nell’anno nuovo. Lo stesso comma stabilisce che le modalità applicative, incluse quelle tecniche, dovranno essere chiarite, entro 90 giorni, con provvedimento del direttore dell’agenzia delle Entrate. Vi terremo, come sempre, informati di eventuali novità significative.

Il “Visto Uscire” è on-line

Dal 1 luglio 2007 gli operatori economici non dovranno più preoccuparsi di recuperare, vistato dalla dogana d’uscita, la parte 3 del DAU per provare la non imponibilità IVA all’esportazione. Sarà la Dogana di esportazione a notificare per via telematica all’operatore l’esito dell’operazione d’esportazione. >>>