Dogane: concorso a 69 posti di dirigente – il Tar concede la sospensiva

Con ordinanze n. 5863 e n. 5888 del 20/11/2014, il Tar del Lazio ha sospeso “gli effetti di tutti gli atti della procedura concorsuale” a 69 posti di dirigente, bandito dall’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli nel dicembre del 2011. I giudici hanno ritenuto la pretesa della parte ricorrente non palesemente infondata e hanno accolto la domanda cautelare. In particolare, i giudici hanno affermato che la giurisprudenza (Sentenza n. 688 del Tar Toscana, Sez. I, del 22 aprile 2013), ha già stabilito che le “commissioni di concorso operano come collegi perfetti in tutti i momenti in cui vengano adottati determinazioni rilevanti“, considerando tali sicuramente quelli relativi alla correzione e alla valutazione delle prove. Proprio con riferimento alla presunta violazione del criterio della collegialità, i giudici hanno ritenuto, a una prima analisi del ricorso, sussistere il fumus boni iuris per l’accoglimento della domanda. La trattazione nel merito è stata fissata per il 18 marzo 2015.

Gestione e ripartizione dei contingenti tessili per il 2015 dalla Bielorussia e Corea del Nord

Regolamento di esecuzione (UE) n. 1235/2014 della Commissione, del 18 novembre 2014, che stabilisce regole per la gestione e la ripartizione dei contingenti tessili istituiti per il 2015 a norma del regolamento (CE) n. 517/94 del Consiglio

Il regolamento (CE) n. 517/94 ha istituito delle restrizioni quantitative su determinati prodotti tessili da alcuni paesi terzi; quantità da attribuirsi sulla base della regola “primo arrivato, primo servito”. Al fine di soddisfare il maggior numero possibile di operatori economici, il presente regolamento attenua il principio sopramenzionato (primo arrivato, primo servito) fissando dei massimali per i quantitativi attribuibili a ogni singolo operatore economico. E’ fatta anche salva la possibilità per gli operatori economici, di dimostrare, alla presentazione della prima domanda per il 2015, che nel 2014 hanno importato quantitativi superiori ai massimali imposti dal presente regolamento. In tal caso, le autorità competenti possono autorizzare, nei limiti dei quantitativi disponibili, quantitativi superiori ai massimali stabiliti dal regolamento, ma in ogni caso non superiore a quelli effettivamente importati nel corso del 2014 dallo stesso paese e per la stessa categoria. Inoltre, l’operatore economico che abbia esaurito almeno il 50% del quantitativo già autorizzato può inoltrare, per la stessa categoria e lo stesso paese d’origine, una nuova domanda per quantitativi che non eccedano i massimali di cui all’allegato I del regolamento. L’Autorità nazionali competenti possono, a partire dall’8 gennaio 2015, ore 10, notificare alla Commissione i quantitativi che sono stati richiesti a livello nazionale. L’Autorità nazionale competente, a cui gli operatori economici devono rivolgersi per chiedere la relativa licenza,  è, per l’Italia, il Ministero dello Sviluppo Economico. Le autorizzazioni all’importazione hanno una validità di nove mesi, che comunque non può oltrepassare la data del 31 dicembre 2015.

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Iniziativa bellissima, per una causa nobilissima! Se poi nell’organizzazione dell’evento è coinvolto il grande Fausto Birigazzi, grande conoscitore ed esperto del mondo doganale, nonchè apprezzato collaboratore di questo sito, lo si tiene in un posto bello, in compagnia di persone interessanti, degustando una eccellente cucina toscana, beh, allora non si può proprio mancare! Io ci sarò e spero che anche voi non manchiate! Clicca per saperne di più!

Wokshop in Azerbaijan sull’AEO

Il concetto di AEO appare davvero non avere limiti geografici: ben 168 membri dei 171 dell’Organizzazione Mondiale delle Dogane (OMD) hanno firmato la lettera d’intento relativa all’applicazione delle SAFE (Framework of Standards to Secure and Facilitate Global Trade), di cui l’AEO è uno dei concetti fondamentali.

Di recente, assieme a Georges Cantone, funzionario dell’OMD, ho partecipato, quale esperto accreditato dell’Organizzazione Mondiale delle Dogane e su incarico dell’Agenzia delle Dogane, a un workshop a Baku, Azerbaijann, per fornire ai funzionari azzeri, a vario titolo coinvolti nella realizzazione del sistema per il rilascio e la gestione dello status di AEO, gli strumenti programmatici e operativi fondamentali. Infatti, il governo azzero ha adottato la legislazione rilevante da più di un anno,  ed è attualmente impegnato nella chiarificazione dei processi operativi e nella realizzazione delle connesse procedure.

Chi fosse interessato può trovare sul sito dell’OMD  una breve sintesi descrittiva dell’evento.

Pubblicato in AEO

Anti-dumping biciclette cinesi

Abbiamo ricevuto molte richieste di chiarimento relative al dazio anti-dumping sulle biciclette importate dalla Cina. In particolare, ci è stato chiesto se la situazione descritta nel post pubblicato su questo sito il 19 settembre 2007 fosse ancora attuale e il regolamento 1095/2005 ivi citato ancora in vigore, o se nel frattempo fossero intervenuti cambiamenti normativi.

In effetti, il Consiglio è intervenuto, in sede di riesame, per ben tre volte: una prima volta, con Regolamento n.171/2008, confermava l’estensione del dazio anti-dumping sulle biciclette originarie dalla Cina anche ad alcune parti di esse (misura anti-elusione già istituita con Regolamento n. 71/97); successivamente, con Regolamento n.990/2011 e Regolamento 502/2013, decideva di riconfermare ulteriormente le misure di cui sopra.

La situazione è quindi attualmente regolata dal regolamento n. 502/20013. In particolare, il succitato regolamento stabilisce:

  • Il dazio anti-dumping sulle parti di biciclette, di cui al regolamento 71/97, è mantenuto ed è stabilito nella misura del 48.5%;
  • È istituito un dazio anti-dumping definitivo sulle importa­zioni di biciclette e altri velocipedi (compresi i furgoncini a triciclo ma esclusi gli unicicli o monocicli), senza motore, classificati ai codici NC 8712 00 30 ed ex 8712 00 70 (codici TARIC 8712 00 70 91 e 8712 00 70 99), originari della Repub­blica popolare cinese;
  • Le aliquote daziarie, con relativo codice addizionale TARIC, sono:
Impresa Dazio definitivo Codice addizionale TARIC
Zhejiang Baoguilai Vehicle Co. Ltd 19,2 % B772
Oyama Bicycles (Taicang) Co. Ltd 0 % B773
Ideal (Dongguan) Bike Co., Ltd 0 % B774
Tutte le altre società 48,5 % B999

Inoltre, al fine di ridurre al minimo il rischio di elusione, il regolamento in esame, ha stabilito delle misure speciali. Una di queste, che interessa in modo particolare gli operatori economici, consiste nell’obbligo di presentare alle autorità doganali dei paesi dell’Unione Europea una fattura commerciale, contenente la dichiarazione di cui all’allegato al regolamento stesso e firmata da un responsabile del soggetto giuridico che la emette. Nell’ipotesi non si alleghi tale fattura, con tutte le caratteristiche richieste, le autorità doganali devono applicare l’aliquota daziaria massima di cui alla precedente tabella (48.5%).

Speriamo con ciò di aver chiarito i dubbi dei nostri lettori. Nel caso abbiate bisogno di ulteriori informazioni, non esitate dal contattarci!

Depositi IVA – Sentenza della Corte di Giustizia C-272/13: Approfondimenti

Come promesso, una o due volte al mese, presenteremo degli approfondimenti su determinati temi. L’onore di aprire questa rubrica spetta al dott. Fausto Birigazzi, che ha fatto alcune interessanti considerazioni sulla sentenza della Corte di Giustizia del 17 luglio 2014 – Causa C-272/13 in materia di esenzione delle importazioni di beni destinati ad essere immessi in un deposito IVA. Si spera che tale contributo apra un franco e sincero dibattito, senza pregiudizi e volto semplicemente a chiarire la complessa problematica. Buona lettura! >>>

Esportazioni indirette: il trascorrere dei 90 giorni non implica più l’assoggettamento a IVA

Le esportazioni indirette (anche dette improprie) sono quelle di cui all’articolo 8, lettera b) del D.P.R. 633/72, vale a dire le cessioni con trasporto o spedizione fuori del territorio comunitario a cura del cessionario non residente. Lo stesso articolo stabilisce che tali cessioni non sono imponibili a condizione che lascino il territorio comunitario entro 90 giorni dalla consegna al cessionario. Qualora i beni ceduti non escano dalla Comunità entro il periodo stabilito, il cedente deve, ai sensi dell’art. 7 c. 1) del D.L. 18 dicembre 1997, n. 471, regolarizzare l’operazione nei trenta giorni successivi, se non vuole incorrere nella sanzione stabilita dallo stesso articolo (50% del tributo). Insomma, il periodo dei 90 giorni si pone come limite oltre il quale il beneficio della non imponibilità non viene riconosciuto.

La Corte di Giustizia Europea è stata chiamata a pronunciarsi in via pregiudiziale da un tribunale ungherese proprio sulla questione della compatibilità dell’apposizione di un  termine ai fini del riconoscimento della non imponibilità IVA con il diritto Comunitario (anche la legislazione ungherese – molto simile a quella italiana – prevede un periodo di 90 giorni). La Corte ha riconosciuto, con sentenza C-563/12 emessa il 19 dicembre 2013, da un lato, che in via di principio è “consentito agli Stati membri stabilire un termine ragionevole per le esportazioni, che tenga conto delle pratiche commerciali nell’ambito delle esportazioni negli Stati terzi, al fine di verificare se un bene oggetto di una cessione all’esportazione sia effettivamente uscito dall’Unione” e, a tal fine, “imporre al venditore di un bene destinato all’esportazione un termine preciso entro il quale tale bene deve aver lasciato il territorio doganale dell’Unione costituisce un mezzo appropriato”, sopratutto allo scopo di contrastare fenomeni di evasione o di elusione. D’altro canto la Corte ha posto un criterio di giustizia sostanziale nell’affermare che il termine di uscita della merce non può essere considerato “un termine di decadenza materiale”, a cui “non può essere posto rimedio” che comporti, “qualora un bene destinato all’esportazione non lasci il territorio doganale dell’Unione entro il termine prescritto”, che la “cessione di tale bene sia assoggettata all’imposta in via definitiva, anche se detto bene è effettivamente uscito dall’Unione dopo lo scadere del termine previsto”. In tal caso la Corte ha rilevato “che una normativa nazionale che assoggetta l’esenzione all’esportazione a un termine di uscita, con l’obiettivo, in particolare, di lottare contro l’elusione e l’evasione fiscale, senza per questo consentire al soggetto passivo di dimostrare, al fine di beneficiare di tale esenzione, che la condizione di uscita è stata soddisfatta dopo lo scadere di tale termine, e senza prevedere un diritto del soggetto passivo al rimborso dell’IVA già corrisposta in ragione del non rispetto del termine, qualora fornisca la prova che la merce ha lasciato il territorio doganale dell’Unione, eccede quanto necessario per il conseguimento di detto obiettivo”. Ne consegue che se l’operatore economico può dimostrare che i beni siano effettivamente usciti dal territorio comunitario nessuna IVA è dovuta e se l’avesse già pagata ha diritto a recuperarla.

L’agenzia delle Entrate, con la circolare 98/E del 10 Novembre 2014, ha dato nuove istruzioni in materia, allineandosi a quanto stabilito nella sentenza della Corte di Giustizia Europea e riconoscendo la possibilità che si possa emettere fattura non imponibile IVA anche trascorsi i 90 giorni previsti dalla normativa nazionale, a condizione che l’operatore economico, cui compete l’onere della prova, dimostri che i beni oggetto di fatturazione abbiano effettivamente lasciato il territorio dell’Unione. In tal caso, all’operatore economico, che avesse regolarizzato l’operazione nei 30 giorni successivi allo scadere del termine (art. 7 c. 1 D.L.vo 471/97) versando l’IVA dovuta, deve esserne consentito il recupero. L’agenzia delle  Entrate informa che il contribuente, a sua scelta, può: o emettere una nota di variazione ai sensi dell’art. 26, 2 c.) del D.P.R. 633/72, entro il termine per la presentazione della dichiarazione annuale relativa al secondo anno a quello in cui è avvenuta l’esportazione; o chiedere il rimborso ai sensi dell’art. 21 del D.L.vo n. 546 del 1992, entro il termine di due anni dal versamento. Ovviamente nel caso  che la prova dell’avvenuta esportazione si abbia dopo i 90 giorni, ma prima dello scadere dei 30 giorni di cui all’art. 7 c. 1) D.L.vo 471/97), il contribuente non deve fare assolutamente nulla e non incorrerà più in alcuna sanzione.

Cessione di beni a un operatore extra-UE con consegna dei beni in uno Stato membro

Il signor Pranzini ha commentato l’articolo dal titolo “Cessione di beni a un operatore extra-Cee con consegna dei beni in uno Stato membro“, pubblicato il 14 ottobre 2007 su questo sito, con le seguenti parole: “l’operatore che vende in Svizzera con consegna dei beni in Lettonia deve emettere fattura con IVA. Lo svizzero per ovviare al pagamento dell’IVA potrebbe nominare un rappresentante fiscale in un paese comunitario (qualsiasi). Il lettone che riceve la fattura di vendita dallo svizzero deve emettere autofattura. No intrastat per nessuno dei soggetti”.

Ora, non essendo chiaro se tale post fosse una critica a quanto da noi affermato nel commentato articolo o se più semplicemente si trattasse, come pensiamo, di un chiarimento o integrazione e non potendolo più verificare, in quanto il link a cui faceva riferimento l’articolo non è più disponibile, a causa degli interventi che stiamo facendo sul sito per aggiornarlo, e avendo, inoltre, deciso di cancellare tutti i vecchi articoli, in quanto molti di essi datati, abbiamo pensato di prendere spunto dal commento del signor Pranzini, che ringraziamo cordialmente per aver sollevato la questione, e scrivere un nuovo post a chiarimento del problema.

Cessione di beni a soggetto svizzero (CH) con consegna da parte dell’operatore italiano in Lettonia  (LV)

Anzitutto si deve osservare che l’operatore italiano non effettua né una cessione all’esportazione, poiché i beni sono diretti in altro Stato membro (quindi non trova applicazione l’art. 8 del D.P.R. 633/72), né un’operazione intracomunitaria, in quanto il suo cliente non è un soggetto IVA comunitario (quindi non trova applicazione l’art. 41 del D.L. 331/1993). Di conseguenza,  l’operatore italiano deve emette nei confronti dello svizzero fattura con IVA in quanto l’acquirente extracomunitario, nel disporre il trasferimento dei beni al proprio cliente lettone, pone in essere una cessione di beni esistenti nel territorio dello Stato (art. 7-bis D.P.R 633/72), e perciò rilevante ai fini dell’imposta. In questo caso l’operatore italiano (e Lettone) non compila l’intrastat.

Nel caso in cui l’operatore svizzero nomini un proprio rappresentante fiscale, possono verificarsi le seguenti ipotesi a secondo dello Stato Membro dove il rappresentante fiscale viene nominato. Si possono avere i tre seguenti casi:

  • nomina del rappresentante in Italia RCH(IT): l’operazione viene trasformata in una operazione triangolare interna ai sensi dell’art. 58, comma 1 D.L. 331/1993 (tra IT e RCH(IT)) e si pone in essere un’operazione intracomunitaria tra RCH(IT) e LV (art. 41 D.L. 331/1993). In particolare, IT emette fattura non imponibile ai sensi dell’art. 58  comma 1 D.L. 331/1993 nei confronti di RCH(IT) e non compila l’Intrastat poichè la cessione interessa due soggetti italiani, quand’anche in sospensione d’imposta. RCH(IT) emette fattura per cessione intracomunitaria, ai sensi dell’art. 41 c.1 D.L. 331/1993 e compila l’Intrastat, sia ai fini fiscali sia a quelli statistici;
  • nomina del rappresentante fiscale in Lettonia RCH(LV): IT emette nei confronti di RCH(LV) fattura non imponibile ai sensi dell’art. 41 c. 1 del D.L. 331/1993 e compila l’intrastat sia ai fini fiscali sia a quelli statistici;
  • rappresentante nominato in qualunque altro Stato membro RCH (altri paesi UE): l’operazione è  simile alla precedente ma la fattura viene emessa nei confronti di RCH(altri UE)