Regime doganale codice 42 e IVA intra-comunitaria

Il signor Umberto Maneo ha proposto il seguente quesito: Una società italiana importa prodotti che poi rivende a vari clienti nella Comunità. Per ridurre i costi decide di creare in un porto di altro Stato comunitario (es. a Rotterdam, Olanda) un polo logistico dal quale poi inviare ai vari clienti nella UE la merce venduta. Quindi, introduce in un deposito doganale la merce extra-UE e provvede successivamente alla sua estrazione vincolandola al c.d. regime 42, frazionandola e inviandola ai vari clienti nella UE.Alla luce anche del nuovo quadro normativo relativo alla Direttiva Iva 2006/112/CE e della relazione n. 13/2011 della Corte dei Conti Europea, chiedo parere relativamente alla procedura da attuare per registrazione fatture acquisti e vendite e alla presentazione dei modelli Intrastat.

E’ anzitutto opportuno chiarire alcuni aspetti relativi al c.d. regime codice 42. La Direttiva 2006/112/CE sull’IVA  stabilisce all’articolo 143, par.1, lett. d), il principio che l’importazione di beni è esente da imposta sul valore aggiunto se ad essa fa seguito una cessione o un trasferimento di tali beni a un soggetto passivo in altro Stato membro. Continua a leggere

Ancora sulle biciclette dalla Cina – Rischio elusione del dazio anti-dumping con trasbordo in Cambogia, Pakistan e Filippine

In un articolo precedente abbiamo fatto il punto sulle misure anti-dumping sulle biciclette (e sue parti) importate dalla Cina. Ora, l’articolo 13 del regolamento 1225/2009 (c.d. regolamento base) dispone che l’applicazione dei dazi anti-dumping “può essere estesa alle importazioni da paesi terzi di prodotti simili” qualora si ritenga che attraverso determinate pratiche, ad esempio il trasbordo e/o l’assemblaggio in altri paesi, si possano eludere le misure anti-dumping in vigore. Continua a leggere

Gestione e ripartizione dei contingenti tessili per il 2015 dalla Bielorussia e Corea del Nord

Regolamento di esecuzione (UE) n. 1235/2014 della Commissione, del 18 novembre 2014, che stabilisce regole per la gestione e la ripartizione dei contingenti tessili istituiti per il 2015 a norma del regolamento (CE) n. 517/94 del Consiglio

Il regolamento (CE) n. 517/94 ha istituito delle restrizioni quantitative su determinati prodotti tessili da alcuni paesi terzi; quantità da attribuirsi sulla base della regola “primo arrivato, primo servito”. Al fine di soddisfare il maggior numero possibile di operatori economici, il presente regolamento attenua il principio sopramenzionato (primo arrivato, primo servito) fissando dei massimali per i quantitativi attribuibili a ogni singolo operatore economico. E’ fatta anche salva la possibilità per gli operatori economici, di dimostrare, alla presentazione della prima domanda per il 2015, che nel 2014 hanno importato quantitativi superiori ai massimali imposti dal presente regolamento. In tal caso, le autorità competenti possono autorizzare, nei limiti dei quantitativi disponibili, quantitativi superiori ai massimali stabiliti dal regolamento, ma in ogni caso non superiore a quelli effettivamente importati nel corso del 2014 dallo stesso paese e per la stessa categoria. Inoltre, l’operatore economico che abbia esaurito almeno il 50% del quantitativo già autorizzato può inoltrare, per la stessa categoria e lo stesso paese d’origine, una nuova domanda per quantitativi che non eccedano i massimali di cui all’allegato I del regolamento. L’Autorità nazionali competenti possono, a partire dall’8 gennaio 2015, ore 10, notificare alla Commissione i quantitativi che sono stati richiesti a livello nazionale. L’Autorità nazionale competente, a cui gli operatori economici devono rivolgersi per chiedere la relativa licenza,  è, per l’Italia, il Ministero dello Sviluppo Economico. Le autorizzazioni all’importazione hanno una validità di nove mesi, che comunque non può oltrepassare la data del 31 dicembre 2015.

Anti-dumping biciclette cinesi

Abbiamo ricevuto molte richieste di chiarimento relative al dazio anti-dumping sulle biciclette importate dalla Cina. In particolare, ci è stato chiesto se la situazione descritta nel post pubblicato su questo sito il 19 settembre 2007 fosse ancora attuale e il regolamento 1095/2005 ivi citato ancora in vigore, o se nel frattempo fossero intervenuti cambiamenti normativi.

In effetti, il Consiglio è intervenuto, in sede di riesame, per ben tre volte: una prima volta, con Regolamento n.171/2008, confermava l’estensione del dazio anti-dumping sulle biciclette originarie dalla Cina anche ad alcune parti di esse (misura anti-elusione già istituita con Regolamento n. 71/97); successivamente, con Regolamento n.990/2011 e Regolamento 502/2013, decideva di riconfermare ulteriormente le misure di cui sopra.

La situazione è quindi attualmente regolata dal regolamento n. 502/20013. In particolare, il succitato regolamento stabilisce:

  • Il dazio anti-dumping sulle parti di biciclette, di cui al regolamento 71/97, è mantenuto ed è stabilito nella misura del 48.5%;
  • È istituito un dazio anti-dumping definitivo sulle importa­zioni di biciclette e altri velocipedi (compresi i furgoncini a triciclo ma esclusi gli unicicli o monocicli), senza motore, classificati ai codici NC 8712 00 30 ed ex 8712 00 70 (codici TARIC 8712 00 70 91 e 8712 00 70 99), originari della Repub­blica popolare cinese;
  • Le aliquote daziarie, con relativo codice addizionale TARIC, sono:
Impresa Dazio definitivo Codice addizionale TARIC
Zhejiang Baoguilai Vehicle Co. Ltd 19,2 % B772
Oyama Bicycles (Taicang) Co. Ltd 0 % B773
Ideal (Dongguan) Bike Co., Ltd 0 % B774
Tutte le altre società 48,5 % B999

Inoltre, al fine di ridurre al minimo il rischio di elusione, il regolamento in esame, ha stabilito delle misure speciali. Una di queste, che interessa in modo particolare gli operatori economici, consiste nell’obbligo di presentare alle autorità doganali dei paesi dell’Unione Europea una fattura commerciale, contenente la dichiarazione di cui all’allegato al regolamento stesso e firmata da un responsabile del soggetto giuridico che la emette. Nell’ipotesi non si alleghi tale fattura, con tutte le caratteristiche richieste, le autorità doganali devono applicare l’aliquota daziaria massima di cui alla precedente tabella (48.5%).

Speriamo con ciò di aver chiarito i dubbi dei nostri lettori. Nel caso abbiate bisogno di ulteriori informazioni, non esitate dal contattarci!

Depositi IVA – Sentenza della Corte di Giustizia C-272/13: Approfondimenti

Come promesso, una o due volte al mese, presenteremo degli approfondimenti su determinati temi. L’onore di aprire questa rubrica spetta al dott. Fausto Birigazzi, che ha fatto alcune interessanti considerazioni sulla sentenza della Corte di Giustizia del 17 luglio 2014 – Causa C-272/13 in materia di esenzione delle importazioni di beni destinati ad essere immessi in un deposito IVA. Si spera che tale contributo apra un franco e sincero dibattito, senza pregiudizi e volto semplicemente a chiarire la complessa problematica. Buona lettura! >>>

Esportazioni indirette: il trascorrere dei 90 giorni non implica più l’assoggettamento a IVA

Le esportazioni indirette (anche dette improprie) sono quelle di cui all’articolo 8, lettera b) del D.P.R. 633/72, vale a dire le cessioni con trasporto o spedizione fuori del territorio comunitario a cura del cessionario non residente. Lo stesso articolo stabilisce che tali cessioni non sono imponibili a condizione che lascino il territorio comunitario entro 90 giorni dalla consegna al cessionario. Qualora i beni ceduti non escano dalla Comunità entro il periodo stabilito, il cedente deve, ai sensi dell’art. 7 c. 1) del D.L. 18 dicembre 1997, n. 471, regolarizzare l’operazione nei trenta giorni successivi, se non vuole incorrere nella sanzione stabilita dallo stesso articolo (50% del tributo). Insomma, il periodo dei 90 giorni si pone come limite oltre il quale il beneficio della non imponibilità non viene riconosciuto.

La Corte di Giustizia Europea è stata chiamata a pronunciarsi in via pregiudiziale da un tribunale ungherese proprio sulla questione della compatibilità dell’apposizione di un  termine ai fini del riconoscimento della non imponibilità IVA con il diritto Comunitario (anche la legislazione ungherese – molto simile a quella italiana – prevede un periodo di 90 giorni). La Corte ha riconosciuto, con sentenza C-563/12 emessa il 19 dicembre 2013, da un lato, che in via di principio è “consentito agli Stati membri stabilire un termine ragionevole per le esportazioni, che tenga conto delle pratiche commerciali nell’ambito delle esportazioni negli Stati terzi, al fine di verificare se un bene oggetto di una cessione all’esportazione sia effettivamente uscito dall’Unione” e, a tal fine, “imporre al venditore di un bene destinato all’esportazione un termine preciso entro il quale tale bene deve aver lasciato il territorio doganale dell’Unione costituisce un mezzo appropriato”, sopratutto allo scopo di contrastare fenomeni di evasione o di elusione. D’altro canto la Corte ha posto un criterio di giustizia sostanziale nell’affermare che il termine di uscita della merce non può essere considerato “un termine di decadenza materiale”, a cui “non può essere posto rimedio” che comporti, “qualora un bene destinato all’esportazione non lasci il territorio doganale dell’Unione entro il termine prescritto”, che la “cessione di tale bene sia assoggettata all’imposta in via definitiva, anche se detto bene è effettivamente uscito dall’Unione dopo lo scadere del termine previsto”. In tal caso la Corte ha rilevato “che una normativa nazionale che assoggetta l’esenzione all’esportazione a un termine di uscita, con l’obiettivo, in particolare, di lottare contro l’elusione e l’evasione fiscale, senza per questo consentire al soggetto passivo di dimostrare, al fine di beneficiare di tale esenzione, che la condizione di uscita è stata soddisfatta dopo lo scadere di tale termine, e senza prevedere un diritto del soggetto passivo al rimborso dell’IVA già corrisposta in ragione del non rispetto del termine, qualora fornisca la prova che la merce ha lasciato il territorio doganale dell’Unione, eccede quanto necessario per il conseguimento di detto obiettivo”. Ne consegue che se l’operatore economico può dimostrare che i beni siano effettivamente usciti dal territorio comunitario nessuna IVA è dovuta e se l’avesse già pagata ha diritto a recuperarla.

L’agenzia delle Entrate, con la circolare 98/E del 10 Novembre 2014, ha dato nuove istruzioni in materia, allineandosi a quanto stabilito nella sentenza della Corte di Giustizia Europea e riconoscendo la possibilità che si possa emettere fattura non imponibile IVA anche trascorsi i 90 giorni previsti dalla normativa nazionale, a condizione che l’operatore economico, cui compete l’onere della prova, dimostri che i beni oggetto di fatturazione abbiano effettivamente lasciato il territorio dell’Unione. In tal caso, all’operatore economico, che avesse regolarizzato l’operazione nei 30 giorni successivi allo scadere del termine (art. 7 c. 1 D.L.vo 471/97) versando l’IVA dovuta, deve esserne consentito il recupero. L’agenzia delle  Entrate informa che il contribuente, a sua scelta, può: o emettere una nota di variazione ai sensi dell’art. 26, 2 c.) del D.P.R. 633/72, entro il termine per la presentazione della dichiarazione annuale relativa al secondo anno a quello in cui è avvenuta l’esportazione; o chiedere il rimborso ai sensi dell’art. 21 del D.L.vo n. 546 del 1992, entro il termine di due anni dal versamento. Ovviamente nel caso  che la prova dell’avvenuta esportazione si abbia dopo i 90 giorni, ma prima dello scadere dei 30 giorni di cui all’art. 7 c. 1) D.L.vo 471/97), il contribuente non deve fare assolutamente nulla e non incorrerà più in alcuna sanzione.

LETTERA D’INTENTO: dal 2015 la trasmissione telematica sarà a cura dell’esportatore abituale

Lo schema di decreto legislativo in materia di semplificazioni fiscali contiene importanti innovazioni sull’acquisto di beni e servizi in regime di non imponibilità IVA. Infatti,  l’articolo 20 del decreto, nell’abolire l’obbligo di comunicazione, da parte del fornitore,  dei dati delle dichiarazioni d’intento ricevute dall’esportatore abituale, impone a quest’ultimo, e prima che l’operazione sia stata posta in essere, di trasmettere direttamente all’Agenzia delle Entrate, sempre per via telematica, i dati relativi alla dichiarazione d’intento. L’Agenzia delle Entrate rilascia apposita ricevuta telematica e, quest’ultima unitamente alla dichiarazione, dovrà essere consegnata al fornitore di beni o al prestatore di servizi, oppure presentata in Dogana. In realtà, la presentazione in Dogana  dovrebbe essere limitata nel tempo. La norma impone all’agenzia delle Entrate di consentire all’agenzia delle Dogane di accedere alla banca dati relativa alle dichiarazioni d’intento al fine di “dispensare dalla consegna in dogana della copia cartacea delle predette dichiarazioni e delle ricevute di presentazione”.  Si dovrà, probabilmente, indicare nella dichiarazione doganale il numero della ricevuta rilasciata dall’Agenzia delle Entrate al fine di consentire alle dogane di effettuare i necessari riscontri per il tramite della banca dati delle dichiarazioni d’intento.

Il fornitore di beni o prestatore di servizi deve riepilogare nella propria dichiarazione annuale IVA (a partire dalla dichiarazione 2016)  i dati delle operazioni effettuate in regime di non imponibilità nei confronti dei singoli esportatori abituali. Inoltre, questi operatori devono far molta attenzione a non emettere fattura non imponibile prima di aver ricevuto la dichiarazione d’intento e riscontrato telematicamente la sua presentazione all’Agenzia dell’Entrate. Il decreto, infatti, nel riscrivere completamente l’articolo 4-bis del decreto legislativo 18 dicembre 1997 n. 471, stabilisce che “il cedente o prestatore che effettua cessioni o prestazioni prima di aver ricevuto da parte del cessionario o committente la dichiarazione di intento e riscontrato telematicamente l’avvenuta presentazione all’Agenzia delle Entrate ”   è sanzionato ai sensi dell’articolo 3 del decreto 471/97 con una sanzione che va dal 100% al 200% dell’imposta.

Ai sensi dell’ultimo comma dell’articolo 20 dello schema di decreto, tali innovazioni si applicano alle dichiarazioni d’intento relative a operazioni senza applicazione d’imposta da effettuarsi a decorrere dal 1° gennaio 2015. Se ci si attiene a una interpretazione letterale della norma dovrebbero rientrarvi anche le dichiarazioni d’intento rilasciate a fine 2014 ma relative a operazioni che si effettueranno nell’anno nuovo. Lo stesso comma stabilisce che le modalità applicative, incluse quelle tecniche, dovranno essere chiarite, entro 90 giorni, con provvedimento del direttore dell’agenzia delle Entrate. Vi terremo, come sempre, informati di eventuali novità significative.

Dazio compensativo provvisorio sulle importazioni di trote iridee o arcobaleno originarie della Turchia

Regolamento di esecuzione (UE) n. 1195/2014 della Commissione, del 29 ottobre 2014, che istituisce un dazio compensativo provvisorio sulle importazioni di trote iridee o arcobaleno originarie della Turchia.

Il dazio compensativo provvisorio si applica ai prodotti classificati ai codici NC ex 0301 91 90, ex 0302 11 80, ex 0303 14 90, ex 0304 42 90, ex 0304 82 90 ed ex 0305 43 00 (codici TARIC 0301 91 90 11, 0302 11 80 11, 0303 14 90 11, 0304 42 90 10, 0304 82 90 10 e 0305 43 00 11) e originari della Turchia. Ai sensi dell’articolo 12 punto 2) del Regolamento  (CE) N. 597/2009 DEL CONSIGLIO dell’11 giugno 2009 (c.d. regolamento base) i dazi provvisori sono protetti da una garanzia e l’immis­sione in libera pratica  nella Comunità viene subordinata alla costituzione di tale garanzia.

Dazi addizionali ortofrutticoli freschi e trasformati

Regolamento di esecuzione (UE) n. 1139/2014 della Commissione, del 27 ottobre 2014, recante modifica del regolamento di esecuzione (UE) n. 543/2011 per quanto riguarda i livelli limite per l’applicazione di dazi addizionali per i carciofi, le zucchine, le arance, le clementine, i mandarini e satsuma, i limoni, le mele e le pere.

Ai fini dell’applicazione dell’articolo 5, paragrafo 4, dell’accordo sull’agricoltura concluso nell’ambito dei negoziati commerciali multilaterali dell’Uruguay Round e sulla base dei più recenti dati disponibili per il 2011, 2012 e 2013, i livelli limite per l’applicazione dei dazi addizionali sono modificati come segue: per i carciofi, le clementine, i mandarini e satsuma dal 1 novembre 2014, per le arance dal 1 dicembre 2014 e per le zucchine, i limoni, le mele e le pere dal 1 gennaio 2015.  Per renderne più agevole la lettura, l’allegato XVIII, che contiene l’elenco di tutti i prodotti sogetti a sorveglianza comunitaria ai sensi del regolamento n.543/2011, è stato interamente sostituito. Si deve quindi far riferimento all’allegato al presente regolamento ai fini di conoscere i volumi d’importazionme e i periodi di riferimento ai quali si applicano i dazi addizionali.